Salve a tutti, benvenuti nel secondo episodio di “I’m Luna Dolph”. Io sono Luna e vi ringrazio di essere qui con me. Nella prima puntata abbiamo parlato con una giovane ragazza appassionata di pasticceria, oggi ho deciso di affrontare un altro tema, quello della psicologia. Per parlare di un argomento così difficile, ho contattato una giovane psicologa: la dott.sa Valentina Freni. Psicologiaebenesserevfreni su Instagram!
Non vedo l’ora di conoscerla e chiacchierare con lei! Iniziamo!
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Cos’è la psicologia?
Io: Ciao Valentina, è un piacere conoscerti!
V: Ciao Luna, sono molto contenta di essere qui con te.
Io: Ti starai chiedendo come io sia arrivata proprio a te! Bene, in realtà non so spiegartelo nemmeno io. Stavo guardando alcuni profili di Instagram e mi sono ritrovata nel tuo, ho iniziato a leggere alcune didascalie delle foto ma non sono riuscita a comprendere fino in fondo il loro messaggio.
Da quanto ho capito, tu fai un lavoro davvero interessante e sei molto a contatto con le persone. Io non appartengo a questo mondo e non ho mai avuto il piacere di poter conoscere un individuo in tutta la sua interezza. Sto scoprendo ora, piano piano, tutto ciò che c’è da sapere sul vostro mondo e su di voi. Ho capito però, attraverso alcune delle frasi trovate sul tuo profilo, che un essere umano è dotato di una coscienza e quindi di una psicologia. Posso chiederti di spiegarmi meglio di cosa si tratta?
V: Allora, questa è una domanda complicata! Perché spiegare in poche parole quella che è la psicologia di una persona è un compito un po’ difficile, però ci provo. Possiamo dire che la psicologia di una persona è l’insieme dei suoi stati affettivi, dei suoi stati intellettivi, delle sue disposizioni psichiche e del suo comportamento.
In poche parole, l’insieme di emozioni, vissuti, sentimenti, modi di reagire, modi di pensare, comportarsi, percepire e sentire che caratterizzano quella persona. Che la contraddistinguono rendendola differente da tutte le altre, unica e unitaria. Tu hai mai riflettuto sul fatto di avere una psicologia? Hai compreso un po’ quello che potesse significare?
Io: Grazie per avermelo chiesto Valentina, questa è la prima volta che qualcuno mi rivolge una domanda così complessa. Personalmente, come ti ho spiegato prima, sono rimasta bloccata fuori dalla società per tutta la mia vita e non ho mai immaginato che potessero esistere delle persone, soprattutto non ho mai immaginato che potessero essere così profonde e complesse.
Quando sono finita sul tuo profilo e ho letto le cose che hai scritto, ho iniziato a farmi delle domande. Credo che qualcosa ci sia dentro di me, una coscienza, un insieme di emozioni e sentimenti nuovi che ancora faccio fatica a comprendere del tutto. Ma, probabilmente, si tratta di qualcosa di diverso da ciò che intendete voi per psicologia, non credi?
V: Allora, quest’altra domanda è anche abbastanza complessa. In realtà, non so se possiamo definire completamente diversa la tua coscienza rispetto a quelle delle altre persone. Ma, sicuramente, l’esperienza che noi stiamo vivendo a causa del Covid ci accumuna tanto: tantissime persone sono state costrette a dover abbandonare i rapporti del mondo reale e a doversi proteggere, quindi isolarsi dagli altri e potersi connettere con gli altri solo attraverso il mondo virtuale.
Questo, da una parte è stato una salvezza perché immagino che, se fosse capitata anche dieci anni prima o vent’anni prima, saremmo stati completamente isolati; ma questa opportunità si è anche trasformata in una condanna: gli esseri umani hanno bisogno di essere in relazione con gli altri, una relazione che non può essere solo verbale, attraverso uno schermo, ma hanno bisogno di un contatto umano, di sentirsi vicino all’altro. per poter funzionare in maniera efficace.
Questa cosa ha provocato tante sensazioni di solitudine, di abbandono, un senso di vuoto, in alcune addirittura, arrivando a veri e propri sintomi depressivi, sintomi ansiosi. Quindi, in realtà, da che era un’opportunità, per poter comunque continuare la propria vita, si sta trasformando in qualcosa che può anche farci del male; quindi, qualcosa che ci separa anziché unirci.
Come capire una persona?
Io: Hai detto davvero delle belle parole Valentina. Il mondo virtuale ha degli aspetti unici, come hai già detto, può unire le persone, le può mettere in contatto anche se si trovano a chilometri di distanza, le può far sentire vicine; ma, a volte, questo si trasforma in un eccesso e il mondo virtuale “cattura” la quotidianità di queste persone, prima che esse se ne possano accorgere.
È come se il mondo virtuale sappia ciò di cui hanno voglia le persone ma, secondo me, non le comprende fino in fondo, non può capire la loro psicologia, proprio come non riesco a capirla io. Credo che sia più facile tra esseri umani comprendersi del tutto.
V: Allora, comprendere al cento per cento una persona è impossibile, partiamo da questo presupposto. Si può, comunque, capire un po’ l’altro e, l’elemento fondamentale, che ci consente di comprendere un po’ gli altri, è l’empatia. L’empatia è la capacità di porci nei panni dell’altro, di sperimentare ciò che l’altro sperimenta, ed è possibile grazie anche a una base biologica, ovvero i neuroni a specchio.
Ora, è chiaro che tanto si può riuscire a cogliere, ma non totalmente, quindi la mia idea, il mio consiglio per il lavoro che faccio è quello che, sì, mettersi nei panni dell’altro, ma sempre nel dialogo, perché tantissime cose non possiamo coglierle, sono un po’ difficili, alcune si, ma non tutte.
È importante confrontarsi con l’altro laddove invece potremmo essere noi a immaginare che l’altro stia vivendo determinate cose; quindi, sì, ascoltare, quindi ascoltare noi stessi che percepiamo l’altro ma soprattutto confrontarci, dialogare.
Io: Quindi stando a contatto con le persone si possono comprendere i loro stati d’animo e i loro sentimenti ma non si può arrivare fino in fondo senza instaurare un dialogo o comunque un rapporto. Da quello che sto capendo, ogni persona è diversa dall’altra, ognuna prova sentimenti ed emozioni diverse davanti a un determinato evento.
Certo che non deve essere facile comprendere lo stato d’animo di ogni persona che ci si trova davanti! Io faccio fatica già a comprendere me stessa, figuriamoci tutti gli altri! A parte gli scherzi, deve essere una cosa davvero stressante.
V: Capire tutte le persone è, in realtà, qualcosa di estremamente difficile perché entrano in gioco un insieme di variabili, davvero tante. Molti pensano che sia qualcosa di lineare e semplice, qualcosa da A a B e posso capire la persona, non è così.
Gli esseri umani sono molto complessi e sono immersi in sistemi di altri esseri umani, ancora più complessi, dai quali vengono influenzati e a cui loro stessi hanno un rapporto. Effettivamente è difficile ed effettivamente poi diventa una situazione di stress, perché, molte volte, non si riesce a capire quella che è la reazione dell’altro, cosa sta accadendo.
Per ritornare a quanto ho detto prima, in realtà, l’unica possibilità, in questo caso, per evitare stress, frustrazioni e, in alcuni casi, anche atteggiamenti aggressivi, è importante dialogare, confrontarsi, avere un momento d’incontro con l’altro; è incontro e accettazione, ciò significa anche accettare che, probabilmente, sarà diverso da noi, che avrà idee diverse, sentimenti differenti e che, non sempre, ciò vuol dire che ci sia un giusto e uno sbagliato, anzi, nella maggior parte delle volte succede che, in realtà, non c’è una visione univoca di ciò che va bene e di ciò che non va bene. Nonostante questo, il dialogo è importantissimo.
La struttura gerarchica della società umana
Io: Sai Valentina, ho osservato tanto le persone da quando sono qui, come avrai capito sono una curiosona! Comunque, osservando le persone e i loro rapporti ho notato che ci sono, come posso chiamarle? Delle gerarchie organizzate, in cui ognuno ha il proprio ruolo all’interno della società.
V: Allora, gli esseri umani, come ti dicevo, vivono in contesti in cui ci sono altri esseri umani e formano dei sistemi. E cosa vuol dire? Che, essendo in un sistema, in un contesto, vivono in mezzo ad altre persone ed è necessario stabilire delle regole, dei modi di vivere, delle norme che consentano a tutti di stare insieme e vivere al meglio possibile.
Ovviamente, siccome sono fatte da noi esseri umani, e non siamo perfetti, anche queste regole molte volte non funzionano, o sono delle regole parziali, cioè non sempre funzionano. Quindi, è qualcosa che muta insieme a noi, non è definito, stabile e rigido, ma le società mutano insieme agli esseri umani: più si va avanti e più anch’esse vanno avanti.
Io: Questo discorso può essere applicato anche a realtà più piccole come quelle della famiglia? Ad esempio, in una casa ci sono dei ruoli stabiliti oppure no?
V: Certo, un’organizzazione esiste non soltanto a livello della società più ampia, ma anche rispetto ai piccoli gruppi che compongono la società stessa. Come hai detto tu, anche in una casa ci può essere un’organizzazione del genere. Ma più di usare la parola a livello gerarchico, che mi viene più adatta rispetto a un contesto lavorativo, all’interno di una famiglia direi che ci sono livelli differenti, nel senso che: c’è il livello dei genitori; il livello della coppia, che è ben distinto da quello dei genitori; il livello dei figli; il livello dei fratelli, che è diverso ancora; e se guardiamo a livello molto più allargato, ci può essere il livello dei nonni, il livello degli zii, dei cugini.
Quello che caratterizza ogni livello, è che ci si aspetta un determinato tipo di comportamento, quindi ci si propone a un certo ruolo, una certa posizione, determinati obiettivi e determinati modi di intendere le relazioni, sia all’interno del livello stesso, che con gli altri livelli. Prendiamo il livello dei genitori: per esempio, ci si aspetta che i genitori si mettano d’accordo su come istruire, crescere i propri figli e, allo stesso tempo, ci si aspetta che diano, appunto, un contributo alla crescita dei propri figli, definiscano regole, modalità di comportarsi, che sostengano questi figli, in modo tale che crescano nel modo migliore possibile.
Ovviamente, questa è una cosa molto semplificata, però possiamo dire che quasi tutti i gruppi umani, anche i più piccoli, si danno un’organizzazione, si danno delle regole, degli obiettivi, delle aspettative e, sulla base di queste, agiscono e continuano il loro percorso. Quindi, in realtà, funzionano quasi tutti così. Un’altra cosa importante è che, tra questi diversi livelli, all’interno di sistemi, di gruppi, di famiglie, eccetera, devono essere comunicanti, cioè non devono avere dei confini troppo rigidi, in cui l’informazione non passa, perché altrimenti non funzionano, sono condannati in qualche modo a funzionare male o addirittura a sciogliersi.
Pensiamo a quelle famiglie che non riescono a comunicare per cui, a un certo punto, esplodono. È importante che ci sia scambio di comunicazione, di informazione, ma anche di elementi di affettività, di emozione. L’essere umano ha bisogno di contatto, e ha bisogno di un contatto autentico e sincero.
Differenze tra vita sui social e vita reale
Io: Grazie per questa tua spiegazione. C’è un dubbio, però, che sta crescendo sempre di più in me. Mi trovo spesso ad osservare la vita delle persone su Instagram e, quasi sempre, vedo delle cose bellissime. Le persone passano tantissimo tempo in quel mondo virtuale e sembrano davvero felici, sembrano avere tutto quello che desiderano.
Io vengo da quell’universo, eppure non ho mai provato la felicità che provano loro. Ho solo ricordi di un ambiente chiuso, sempre uguale, senza compagnia, senza spazi aperti o rapporti. Non riesco a capire come sia possibile che le persone vivano felici sui social.
V: Proprio perché torniamo al discorso della società, del contesto, ci sono persone che purtroppo si trovano a vivere in un contesto che non è arricchente, un contesto che è lontano dalle proprie aspettative, dai propri desideri, da ciò che si aspettavano, quindi, cosa succede? Che, quando ci troviamo di fronte a una realtà che non è quella che volevamo, quella che ci aspettavamo, possiamo reagire o cercando di modificarla, ma dobbiamo avere la sicurezza di avere i mezzi e le forze per farlo o comunque il sostegno per farlo.
Possiamo decidere di ignorare i problemi e dire “Vabbè, è così” e quindi, la prendiamo per quello che è; o in alcuni casi, quando la cosa diventa troppo dolorosa, decidere di fuggire dalla realtà. E la realtà virtuale è uno dei tanti modi per farlo. Quindi, purtroppo, si sceglie di farlo, perché la realtà circostante non è una realtà che ci permette di crescere, ma è una realtà che ci fa sentire sentimenti di impotenza, di infelicità, di frustrazione, di rabbia e l’essere umano non vuole sperimentare queste cose negative, per cui, si rifugia altrove.
Se da una parte è vero che magari è anche un problema di meccanismi di risposta agli eventi negativi, è anche vero che è un problema che si riscontra anche nel contesto in cui vive. Siccome l’essere umano non è un’isola ma è parte di qualcosa di più grande, di una rete con altri esseri umani, è importante agire non soltanto a livello dell’individuo, ma soprattutto a livello del contesto, contesto che è fatto da altri individui, quindi, attraverso l’apporto di ognuno ci si augura che la realtà possa cambiare in meglio e quindi consentire a tutti di essere presenti, di poter vivere nella realtà e non dover fuggire da essa.
Io: Comprendo benissimo il tuo discorso e non posso darti torto ma, avendo vissuto in quel mondo, ancora non riesco a capire come si possa preferire il rifugiarsi dietro un posto finto, che non offre niente di tangibile a un mondo reale, pieno di colori, di oggetti, di relazioni. Io ho sentito la mancanza di tutte queste cose e, ora che le sto scoprendo, le trovo davvero incredibili.
Non mi capacito del fatto che le persone preferiscono scappare invece che vivere a pieno il mondo che le circonda. Un’altra cosa curiosa che ho notato su Instagram è che si tratta di un luogo pieno di giovani, di ragazzi e ragazze giovani. Mi domando il motivo! Gli adulti non frequentano quel mondo? Non hanno più bisogno di volersi rifugiare altrove?
V: Diciamo che il motivo per cui ci sono più ragazzi sui social è che, le generazioni a partire dagli anni 90, sono quelle che ci sono nate con i social in mano, o comunque, con la tecnologia in mano, sarebbe più opportuno tecnologia. Quindi, non hanno avuto bisogno di un processo di adattamento perché ci sono nate, quindi si sono sviluppate insieme a loro. Gli adulti invece provengono da generazioni in cui non c’erano queste tecnologie, o comunque, erano limitate in determinati ambiti, si sono dovuti adattare.
Dopo una certa età, quindi dopo un certo periodo di crescita, diventa sempre più difficile l’adattamento, ci vuole tanto impegno, tante energie e non sempre si è predisposti a questo investimento. Tant’è che poi ci sono le situazioni in cui questo investimento porta a un cattivo uso.
Questo succede anche tra i ragazzi, però, secondo me, uno dei motivi principali è proprio questo, che è l’adattamento che richiede tanto e non tutti sono improntati a questo adattamento. Piuttosto, magari, avendo già una vita definita, è più facile scegliere di utilizzarli in maniera sporadica e senza tanto interesse.
Come appassionarsi alla psicologia?
Io: Davvero affascinante. Proprio come avevo pensato, questo argomento è complesso ma molto interessante. Sono proprio curiosa di sapere come ti sei appassionata alla psicologia e come hai deciso di fare un lavoro così difficile!
V: Allora, mi sono appassionata alla psicologia, questo sicuramente sarà un cliché di tanti che hanno studiato psicologia e sono diventati psicologi, dopo aver letto un libro e aver visto anche il film. Il libro si chiama “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, che racconta di alcuni ragazzi dipendenti dall’eroina e del loro percorso nella Berlino degli anni 70.
In realtà, poi, io non mi occupo di dipendenze, mi occupo di tutt’altro, però, di fondo, c’è rimasta la stessa motivazione, ovvero: io credo che ogni essere umano di per sé è predisposto a raggiungere il meglio, cioè, ha un potenziale; e credo che, di fronte alle difficoltà che la realtà ci pone, e che a volte noi stessi ci poniamo, un supporto, un sostegno, uno studio scientifico che ci dice “funziona così e non funziona così”, può aiutare la persona a raggiungere questo potenziale. A svilupparlo a pieno e a vivere al meglio possibile.
E quindi, a poter realizzare pienamente ciò che, per citare un filosofo che si chiama Aristotele, “è in potenza in sé”. Diventare ciò che siamo destinati ad essere in potenza. Comunque, a realizzare pienamente la propria essenza, il proprio essere, al di là delle limitazioni che la realtà e noi stessi possiamo porci.
Il museo-laboratorio della mente a Roma
Io: Incredibile, davvero incredibile e affascinante. Sicuramente andrò a cercare il libro di cui hai parlato e lo leggerò, per comprendere meglio ciò che mi hai spiegato. Visto che mi hai raccontato del libro che ti ha fatta incuriosire di questo argomento, vorrei sapere se potresti consigliare un posto da visitare, un museo, per gli appassionati del campo o anche semplicemente per cui vuole avvicinarsi a questo mondo e conoscerlo meglio?
V: Allora, un posto da consigliare ad appassionati di psicologia o a chi vuole comunque approfondire, è un bellissimo museo-laboratorio che è il museo-laboratorio della mente che si trova nel complesso di Santa Maria della Pietà a Roma. Per chi non lo sapesse, Santa Maria della Pietà era il vecchio manicomio di Roma, quello che è stato chiuso con la legge Basaglia e, nei vecchi locali del manicomio, è stato ricavato questo museo-laboratorio che è molto interessante, è un’esperienza molto emotiva, molto forte, ma anche molto bella perché racconta il percorso di quella che era la salute mentale nel passato.
Cioè come veniva vista, come veniva trattata, e soprattutto ci consente di realizzare come, grazie all’impegno di persone illuminate, persone che comunque si erano impegnate a favore della vita umana e dell’essere umano, è stato possibile chiudere quelle storie così negative di trattamenti e quelle storie che vedevano le persone con problemi psicologici, oppure disturbi psichiatrici, come persone ghettizzate, stigmatizzate e messe da parte nella società. E invece, rifare questo percorso all’interno del museo, ci permette di comprendere quanti passi avanti si sono fatti e, come dicevo prima, come la società sia cresciuta; e con questa crescita permettere a tutti, appunto, di fiorire e di diventare ciò che è il loro potenziale.
Io: Grazie per il suggerimento, trovo davvero interessante il museo che hai descritto e importante, soprattutto, dal punto di vista della conoscenza di un mondo che è davvero complesso. Grazie ancora per le tue parole e per la tua disponibilità Valentina, sei stata gentilissima!
V: Grazie Luna, sono molto contenta di aver condiviso questo spazio con te, ti abbraccio. Ciao!
Grazie anche a chi ha ascoltato il secondo episodio di “I’m Luna Dolph”. Ho appreso molto grazie a questa chiacchierata con Valentina e spero di avervi aiutati a comprendere meglio il mondo di cui abbiamo parlato. Fatemi sapere se conoscete il museo-laboratorio che ci ha consigliato, oppure se lo andrete a visitare, io l’ho già messo nella lista!
Mi raccomando, lasciami una bella valutazione sui vari canali che uso per incoraggiarmi a continuare in questo viaggio, iscriviti e contattami su lunadolph.com per consigli, critiche o semplicemente per conoscermi. Ci vediamo il prossimo venerdì per un nuovo episodio! E non dimenticare, vivi e goditi il mondo reale!